Salute della pelle e nutrizione
Le patologie cutanee sono estremamente eterogenee da un punto di vista clinico ed eziopatogenetico.
Gran parte di esse sono caratterizzate da fenomeni infiammatori con una forte correlazione fra la permeabilità intestinale e le manifestazioni cutanee.
In alcune forme il rapporto con il cibo è più evidente, in altre meno.
Tuttavia, la relazione fra dieta e severità delle manifestazioni dermatologiche è sempre più studiata e confermata.
Prima di fare una breve carrellata di alcune forme di dermatite più o meno riconducibili all’intestino, focalizziamo l’attenzione su un sintomo ricorrente: il prurito.
Per alleviarlo è utile lavorare sul livello di istamina nel corpo diminuendo o annullando il consumo di alimenti ricchi di istamina oppure che ne scatenano il rilascio.
Scopri le potenzialità del test del DNA
Nel primo gruppo troviamo:
- bevande alcoliche fermentate: salutiamo il bicchierino di vino, il flute di champagne e la birretta,
- alimenti fermentati come crauti, aceto, salsa di soia, kefir, yogurt..,
- sottaceti,
- salumi, soprattutto pancetta e salame,
- alimenti inaciditi come panna e latte acido, pane inacidito, ma a dir il vero non fanno neanche così tanto parte della nostra tradizione culinaria,
- frutta essiccata, la maggior parte degli agrumi, formaggi stagionati, frutta a guscio, spinaci, pomodori, solanacee, pesci affumicati, tonno sgombro, acciughe, sardine e lampughe.
Nella seconda categoria (che se vi siete persi racchiude i cibi che stimolano il rilascio di istamina) elenchiamo alcool, banane, papaya, ananas, kiwi e fragole, cacao, fave di cacao e cioccolato, latte vaccino, noccioline, pomodori, molluschi, germe di grano, molti conservanti artificiali e coloranti (quindi lotta al cibo industrializzato).
Vi aggiungo un’ultima classe rappresentata dagli alimenti che bloccano l’attività di un enzima chiamato DAO. Lui è responsabile del metabolismo dell’istamina, per cui aiuta il nostro corpo a sbarazzarsene.
Qui troviamo ancora l’alcool (quindi in un modo o nell’altro non va d’accordo con l’istamina), le bevande energetiche, il te nero, verde e mate.
Dermatite da contatto per allergia al Nichel
Tra le malattie della pelle più facilmente riconducibili agli alimenti c’è la dermatite da contatto per allergia al Nichel.
Spesso il paziente presenta sia manifestazioni cutanee sia intestinali quali gonfiore e dolore addominale, nausea, vomito, diarrea, colon irritabile.
La dieta in questo caso deve escludere tutti gli alimenti che contengono Nichel così da portare un miglioramento sia a livello gastrointestinale sia cutaneo.
I cibi ricchi di Nichel sono quasi tutti di natura vegetale poiché essi catturano il minerale dal terreno e proprio per questo è un’ardua impresa riportare il valore esatto del suo quantitativo all’interno di ogni alimento poiché dipende dal tipo di terreno in cui esso è cresciuto.
Comunque i cibi che ne sono più ricchi sono spinaci, funghi, kiwi, cacao, pomodoro, asparagi, pera, prugna, uva sultanina, frutta secca e semi oleosi, legumi in particolare fagioli e piselli, cereali integrali e psudo-cereali in particolare mais e avena, aringhe, ostriche, tonno in scatola e tutti gli alimenti conservati in latta.
Dermatite erpetiforme e psoriasi
Vi è poi la dermatite erpetiforme, tipicamente associata a malattia celiaca spesso asintomatica.
Per cui si arriva alla diagnosi di celiachia attraverso la pelle.
In questo caso la risposta è molto semplice: dieta priva di glutine.
Infine affrontiamo la psoriasi, lasciata per ultima perché è quella più complessa da trattare dal punto di vista nutrizionale poiché si può e si deve agire su più fronti.
Innanzitutto la sua definizione.
La psoriasi è una malattia infiammatoria della pelle immuno-mediata spesso associata anche a permeabilità intestinale e disbiosi simile a quella delle malattie infiammatorie croniche intestinali.
Inoltre, si verificano diversi cambiamenti nel microbiota tra cui una minor diversità microbica che si traduce in una carenza di batteri che sintetizzano elementi di aiuto e difesa in caso di infiammazione.
Scopri il test per disbiosi intestinale
In particolare si verifica una diminuzione o esaurimento di Faecalibacterium prausnitzii, che producono SCFA (Short Chain Fatty Acids).
Queste molecole mantengono l’integrità della barriera intestinale, influenzano la produzione di muco nel tratto gastrointestinale e proteggono l’infiammazione intestinale.
Infine si ha una riduzione significativa di Akkermansia muciniphila, batterio inversamente associato a obesità, diabete, infiammazione e disordini metabolici.
In condizioni fisiologiche, la barriera intestinale esplica un accurato controllo del traffico delle sostanze che devono rimanere nel lume intestinale ed essere eliminate con le feci, e quelle che possono entrare nel nostro corpo.
Diverse condizioni, tra le quali le più importanti sono la disbiosi intestinale e il glutine, provocano un aumento nella produzione di zonulina che mina l’integrità e quindi la funzionalità della barriera intestinale.
In particolare, danneggiano le tight junction, il complesso proteico che tiene gli enterociti strettamente adesi tra di essi.
Se il tessuto è più lasso, il controllo è minore e il passaggio maggiore.
Infatti, antigeni derivati dal microbiota e endotossine entrano, innescano risposte immunitarie innate e adattative e favoriscono l’instaurarsi di un ambiente pro-infiammatorio.
Per comprendere meglio l’entità del problema dobbiamo pensare che l’80% del nostro sistema immunitario è localizzato a livello intestinale quindi una stimolazione di questo vuol dire arruolare la maggior parte dei guardiani e difensori del nostro corpo.
Percorso nutrizionale studiato per te
Se non si agisce per tempo si innesca un circolo vizioso che porta a infiammazione cronica con conseguente insorgenza di malattie infiammatorie croniche la cui natura dipende dallo specifiche caratteristiche genetiche della persona che determina quale organo o tessuto sarà preso di mira dal processo infiammatorio.
Per chi sta leggendo probabilmente il sistema bersaglio è proprio la pelle.
Dato che parliamo di intestino, chiediamoci quali sono le scelte nutrizionali per riportarlo in salute in modo da avere un miglioramento cutaneo.
Si è visto che i due più importanti fattori di rilascio di zonulina sono il glutine e agenti infiammatori batterici, legati a disbiosi e SIBO (sovracrescita batterica intestinale).
Ma a tavola cosa significa? Attenzione a tutto ciò che è associato al glutine!
Innanzitutto dobbiamo distinguere alcune condizioni patologiche che lo riguardano e spesso associate a dermatite e psoriasi:
- la celiachia, una malattia immuno-mediata con formazione di anticorpi specifici (anticorpi anti-transglutaminasi e anti-endomisio, rintracciati con esame ematico) maggiormente presente nei pazienti con psoriasi rispetto alla popolazione generale;
- l’allergia al grano con produzione di anticorpi IgE contro grano e gliadina (diagnosticati con prelievo ematico), spesso associata a dermatite atopica e psoriasi;
- la sensibilità non celiaca al glutine (NGSC) con risposta anticorpale aspecifica, dalla diagnosi più complessa, poiché si va ad esclusione con le precedenti.
In questo caso viene in aiuto il test genetico in cui sono analizzati i geni HLA-DQ2 e HLA-DQ8, che predispongono alla malattia. Clinicamente, la sensibilità al glutine si manifesta in seguito ad assunzione di glutine con manifestazioni intestinali, quali meteorismo, dolori addominali, diarrea, stipsi, alvo alterno, oppure extra-intestinale con sonnolenza, stanchezza cronica, difficoltà di concentrazione, annebbiamento mentale, depressione, anemia, cefalea, rash cutanei e artromialgie.
Test genetico per intolleranza al glutine
Parlare solo di glutine è in realtà riduttivo, infatti nel grano sono presenti almeno 3 gruppi di sostanze potenzialmente dannose per nostro sistema immunitario:
- il glutine, composto da gliadina e glutenina, con sequenze amminoacidiche che il nostro sistema digestivo non riesce a processare per mancanza di enzimi specifici.
Per questo motivo arrivano integre ai villi intestinali dove aumentano l’increzione di zonulina, aprono le giunzioni tra cellula e cellula e stimolano l’attivazione immunitaria.
Una delle classi proteiche del glutine è costituito dalle prolammine presenti all’interno di diversi cereali: gliadina nel frumento, che rappresenta la la forma più allergenica, secalina nella segale ,ordeina nell’orzo, zeina nel mais, avenina nell’avena.
Tutte queste non scatenano reazioni importanti come la gliadina. Tuttavia possono causare fenomeni di cross-reattività provocando infiammazione in persone geneticamente predisposte. - ATI (Amylase-Tripsin Inhibitors), una classe di albumine che rappresenta il 4% delle proteine del grano. Fortemente resistenti alle proteasi, inibiscono le amilasi e proteasi pancreatiche, peggiorando il processo digestivo.
Sono le principali cause di mancata risposta alla dieta senza glutine sia nella malattia celiaca sia nella sensibilità al glutine. La farina di frumento ha la massima attività infiammatoria.
Attenzione perché pseudo-cereali e cereali come il Teff, il miglio e la quinoa, e legumi come la soia e le lenticchie hanno una discreta azione infiammatoria.
Riso e patate si rivelano tra le migliori fonti di amido possibili, contenendo una minore quantità di ATIs e meno attivanti perché a basso peso molecolare.
Inoltre, le ATIs sono più resistenti ai processi digestivi giungendo indenni fino al retto, scatenando infiammazione lungo tutto il tratto intestinale. - FODMAPs, specialmente mono/di/oligosaccaridi e fibre, digerite e metabolizzate da alcune specie microbiche di cui ne favoriscono la proliferazione con conseguente infiammazione e disbiosi caratterizzata da gonfiore e meteorismo.
Vi sono diverse forme di psoriasi, tuttavia la strategia dietetica è sempre quella di preservare la permeabilità intestinale. Quindi
- evitare il glutine, gli alimenti gluten-free poiché ricchi di mais, zuccheri, conservanti e additivi.
Evitare i cereali associati a fenomeni di cross-reattività e quelli ricchi di ATIs. Quindi a livello glucidico ammessi riso, castagne, patate ben sbucciate e fecola di patate, manioca, tapioca, platano e chufa. - No ai latticini a causa della caseina che è un modulatore infiammatorio e un importante liberatore di istamina. Ricordiamo che il 60% di pazienti affetti di psoriasi soffrono di prurito. Inoltre, la caseina promuove l’insulino-resistenza, uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di sindrome metabolica a cui il soggetto con psoriasi è già predisposto.
- No solanacee: pomodori, peperoni, melanzane, patate, bacche di Goji .
Ricordiamo che nella malattia psoriasica si verifica una maggiore permeabilità intestinale, alterazioni del microbiota e attivazione del sistema immunitario.
In questo quadro si può supporre che anche piccole quantità di α-solanina possano risultare immunogeniche stimolando una risposta immunitaria che dovrebbe essere invece il più possibile tenuta sotto controllo con l’alimentazione.
Vengono ammesse solo le patate ben sbucciate e la fecola di patate. - No legumi (concessi solo piselli, fagiolini e taccole) per la presenza di saponine (presenti anche in avena, quinoa ed amaranto) che alternano la permeabilità intestinale e di lectine che oltre a danneggiare l’integrità di membrana, stimolano l’immunità innata, la produzione di citochino pro-infiammatorie e la crescita batterica, in particolare di Escherichia coli, patogeno responsabile di uretriti, cistiti e prostatiti.
Altri fattori che giocano un ruolo negativo sulla permeabilità intestinale sono alcuni farmaci, infezioni di E.coli e candida, alcool e prodotti industrializzati, zuccheri, sale, emulsionante, solventi organici e nanoparticelle. Ridurre quindi drasticamente il consumo di zuccheri e prodotti industrializzati.
Per valutare una integrazione mirata alle esigenze del paziente è utile dosare nel sangue l’omocisteina e la vitamina D.
- L’elevato turnover cutaneo determina una carenza di folati.
Di conseguenza lo smaltimento di omocisteina è lento e difficoltoso, si accumula portando il paziente a iperomocisteinemia. Essa correla direttamente con la severità della psoriasi.
Inoltre, la malattia psoriasica sembra essere caratterizzata da un’iperattività piastrinica, la quale favorirebbe, insieme all’iperomocistinemia, uno stato pro-trombotico.
In questo caso bisogna aumentare il quantitativo di folati o dell’intero gruppo di vitamine B sia attraverso la dieta sia con una integrazione mirata. - Spesso si ritrova anche carenza di vitamina D che tra le sue tante azioni è antinfiammatoria, immunomodulante, cardioprotettore, antitumorale, insulino-regolatore, equilibratore del metabolismo endocrino e anti-aging. Purtroppo anche in questo caso è spesso necessaria una integrazione poiché raggi solari e cibo non riescono a colmarne la carenza.
.
Test genetico per il lattosio: scopri in cosa consiste
Altre integrazioni da valutare caso per caso sono
- gli omega 3 che esercitano un’importante azione antinfiammatoria.
Una dieta ricca di cibo industriale è caratterizzata da un forte introito di omega 6.
Per contrastare questa tendenza non sempre l’assunzione quotidiana di cibi ricchi di omega 3 è sufficiente, per cui nella popolazione generale vi è un alterato rapporto omega3/omega 6.
Tale squilibrio si accentua nei pazienti con psoriasi. Per riportare il corretto equilibrio una integrazione con omega 3 può avere un importante valore terapeutico. Consiglio prodotti con certificazione IFOS. - Il magnesio è un cofattore di numerosissimi enzimi, stimola la funzione muscolare, nervosa, normalizza le funzioni metaboliche, potenzia l’attività dei linfociti e aiuta a debellare i patogeni intestinali.
Importante è la scelta della formulazione poiché le forme inorganiche sono difficilmente assorbite.
Possono inoltre alterare la funzionalità intestinale. Per questo consiglio formulazioni organiche come il glicerofosfato di magnesio. - I probiotici per ripristinare l’equilibrio della flora batterica intestinale. In alcuni casi è necessario riequilibrare l’intero ecosistema intestinale con prodotti più complessi.
- Solo per le forme di psoriasi che non ottengono beneficio dall’esposizione solare e della fototerapia oppure che si aggravano in primavera, è necessario lavorare anche con specifici anti-ossidanti attraverso l’assunzione di Glutatione Liposomiale, vitamina C, vitamina E e acido alfa lipoico.
Una volta impostato il percorso nutrizionale e integrativo è fondamentale seguire il paziente in follow up per monitorare i cambiamenti e continuare a cucire il protocollo su misura.
Infatti la frequenza di assunzione degli alimenti deve essere studiata in base alla severità delle manifestazioni cliniche e può essere modificata nel tempo in base alla risposta del paziente.