Gonfiore addominale: quale rimedio?

Il gonfiore addominale è un disturbo estremamente quotidiano per buona parte della popolazione, soprattutto femminile.

Può essere di due tipi. La prima si presenta con una sensazione di tensione addominale data da un’aumentata pressione a livello viscerale, ma non visibile esternamente, detta bloating.

La seconda invece è costituita da un incremento della circonferenza addominale, è visibile e misurabile dall’esterno ed è definita distension.

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Quella tipica situazione che fa esclamare: “Sono talmente gonfio/a che sembro incinta!” In entrambi i casi la persona avverte comunque un fastidio che può compromettere la giornata.

Il gonfiore è un sintomo aspecifico di diverse patologie.

Prima di tutto può essere correlato ad un alterato svuotamento intestinale, come dispepsia, stipsi, diarrea, colon irritabile.

Oppure può essere legato a patologie di malassorbimento, come la celiachia oppure il morbo di Crohn, oppure a carenze enzimatiche come nel caso dell’intolleranza genetica al lattosio.

Alcune allergie, soprattutto quella al Nichel. O ancora ad abitudini alimentari o stile di vita come nel caso di iperalimentazione, utilizzo di junk food, eccessivo consumo di alimenti meteorici, sedentarietà. Infine a obesità, ciclo mestruale o Sindromi di contaminazioni del tenue (SIBO).

Infine utilizzo di alcuni farmaci come per esempio gli antiacidi o i protettori gastrici. In tal caso infatti il farmaco abbassa il grado di acidità dello stomaco. Ma questo si traduce in una minore sorveglianza dei batteri che vengono introdotti con il cibo.

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In tal caso questi microrganismi si insinuano nell’intestino tenue e possono andare incontro a una sovracrescita causando la SIBO.

In tutti i casi è quindi necessario non prendere sottogamba la presenza del gonfiore addominale, ma al contrario è necessaria una accurata anamnesi clinica e fisiologica con il nutrizionista, il medico di base oppure il gastroenterologo per definirne la natura.

Infatti, finché non si risolve la causa del gonfiore, non si potrà avere un miglioramento neanche a livello del sintomo. Solo se si  intraprende la strada corretta, si può raggiungere la sua risoluzione o per lo meno la sua forte attenuazione.

Ma come si origina il gonfiore?

Fisiologicamente durante la giornata si producono in media 200 ml di gas all’interno dell’intestino. Tuttavia si può arrivare fino a 1000 ml.

L’aumento della produzione può essere generata da un cambiamento quantitativo oppure qualitativo della composizione del microbiota intestinale che può produrre alterazioni funzionali motorie e/o anomalie viscero-percettive.

In questi casi quindi non si svuota bene l’intestino dal gas prodotto oppure si ha una maggiore sensibilità percettiva ai fastidi intestinali.

Nell’82% dei casi il gonfiore compare dopo mangiato. Si presenta con sensazione di pancia piena, distensione, eccesso di gas, necessità di eruttare o evacuare, gorgoglio intestinale, brontolio dello stomaco.

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Può essere localizzato nell’epigastrio (metà superiore dell’addome) o nell’ipogastrio (parte inferiore dell’addome) o in entrambe le zone. Ha una stretta relazione con il consumo eccessivo di carboidrati, fibre, cibi grassi e bevande gassate.

Può avere inoltre un andamento circadiano con una minore intensità al mattino, peggioramento verso sera e miglioramento durante la notte.

Inoltre si ha una minore intensità con la posizione supina, mentre la sensazione peggiora con la posizione eretta.

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C’è forte correlazione con il ciclo mestruale in cui si verifica un peggioramento nella fase pre-mestruale oppure durante la fase mestruale.

Infine un grande nemico è rappresentato dallo stress poiché esso agisce sia in maniera diretta sul peggioramento del gonfiore sia in maniera indiretta agendo sulla causa principale.

Per esempio sotto stress, un intestino già pigro o diarroico o infiammato peggiora ulteriormente la situazione manifestando di conseguenza maggiore gonfiore. Per non dire la forte associazione fra lo stress e la disbiosi intestinale e quindi ancora una volta nel peggioramento della salute dell’intestino.

Cosa fare allora?

Prima di tutto un’accurata anamnesi per definire l’eziopatogenesi, distinguere fra distensione e gonfiore e raccogliere tutti i sintomi associati.

Indagare su stile di vita e dieta. Si possono poi utilizzare alcuni test diagnostici come il test del DNA per valutare semplicemente le caratteristiche generali del metabolismo.

In alternativa o in aggiunta, se si ha un sospetto di malassorbimento del lattosio oppure del glutine, si possono eseguire i test genetici specifici per verificare la funzionalità enzimatica della lattasi o del complesso HLA.

Il risultato genetico, le informazioni cliniche e fisiologiche della persona servono poi per  definire il grado di idoneità degli alimenti in modo da discernere in maniera più accurata quali alimenti peggiorano il gonfiore e quali invece possono essere di aiuto.

Tutte queste informazioni sono racchiuse nella Mappa Alimentare.

Ecco come elaboro il tuo percorso nutrizionale

Inoltre è necessario un piano nutrizionale per definire come ruotare gli alimenti durante la settimana e come associarli.

Infine è possibile fare anche il test Gut Healthy + Sibo per verificare la presenza, la localizzazione e la gravità della disbiosi intestinale e per definire se c’è un danno nella parete intestinale che ne altera la permeabilità.

Nella maggior parte dei casi è indispensabile riequilibrare il microbiota attraverso l’utilizzo di un protocollo specifico di probioti.

Nel follow up si valuta come il paziente sta reagendo al percorso intrapreso, se sono necessarie ulteriori misure correttive oppure test diagnostici strumentali.